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Quelli de Boca Juniors sono diversi

Daniele De-Rossi con la maglia del Boca Juniors - Photo by Planet Football

Il 6 Gennaio 2020 è un giorno triste

 

Il 6 Gennaio 2020 è uno dei quei giorni tristi, che tutti gli appassionati del pallone non vorrebbero mai che arrivasse. La data segna l’addio al calcio un certo Daniele De Rossi, che abbiamo imparato a conoscere alla Roma e abbiamo finito di vedere a Buenos Aires. Due città che in un certo senso vivono in parallelo, seppur con qualche ora di differenza dovuta al fuso orario, ma non importa perché la passione trascinante e la fame di calcio le accomunano rendendole molto più simili di quello che sembrano.

 

Daniele De Rossi of AS Roma celebrates at the end of he match
Genova 6-04-2019 Stadio Marassi Football Serie A 2018/2019 Sampdoria – Roma
Photo Gino Mancini / Insidefoto

 

La Passione arde sugli spalti sempre gremiti

 

Dopo quasi 20 anni con la stessa casacca è durissima andarsene ed è ancor più difficile di pensare a giocare con un’altra maglia. Così dopo una vita alla Roma, De Rossi ha deciso di trasferirsi dall’altra parte del mondo, dove il calcio è della gente e si vive per il fùtbol, a prescindere dal resto. L’avventura di De Rossi al Boca Juniors è stata breve ma intensa: sei mesi di follia, sei mesi di passione che arde sugli spalti sempre gremiti della Bombonera, probabilmente i sei mesi più belli nella carriera di un calciatore, che quando racconta stralci di quell’esperienza ha la pelle d’oca.

Proprio Daniele, in una recente intervista ha sottolineato come la vita possa essere colma di sorprese e come, anche dopo una carriera come la sua, ci si possa ancora emozionare. Dopo la Roma non si può certo pensare un’altra squadra ma il Boca è il Boca.

 

 

A Buenos Aires non vogliono perdere neanche la partitella d’allenamento

 

Il Boca, gli è subito entrato dentro e Daniele custodisce in fondo al cuore l’esperienza in Argentina, perché dietro quei sei mesi si celano sensazioni d’ogni genere che ogni calciatore di livello vorrebbe e dovrebbe provare. L’ex centrocampista della Roma ha imparato ad  apprezzare la bontà del tifo del popolo di Buenos Aires, vivendolo in maniera pulita, pura, perché dentro la Bombonera si è reso conto che la gente del Boca è diversa da tutti.

L’affetto e il calore del pubblico è stato incredibile, come se tutti lo stessero aspettando da un po’, anche se i primi giorni non sono stati semplicissimi. Dopo il primo allenamento con la maglia degli Xeneizes, De Rossi ha subito capito la fame e la voracità con cui anche i giocatori della primavera si accanivano su ogni pallone. Interventi al limite e botte da orbi sono all’ordine del giorno, perché a Buenos Aires non vogliono perdere neanche la partitella d’allenamento.

 

Daniele De Rossi con la casacca del Boca Juniors – Photo by Football Fashion

Quelli del Boca sono diversi

 

Prima del tanto e atteso Derby con i tanto e odiati rivali del River, De Rossi ricorda un incontro ravvicinato con dei tifosi del Boca, che Daniele racconta alla BoboTv: “Le sensazioni non furono bellissime, avevano delle facce particolari, diciamo così. Ci hanno chiesto di fare una partita degna. Non era gente di quattordici anni, era gente grande, c’era un po’ di timore. Mi aspettavo le classiche intimidazioni, invece no: ‘Fate una partita degna, siamo con voi’.

 

Daniele sorride e conclude: “Quelli del Boca sono diversi

 

Tra una risata e l’altra si è raccontato senza filtri, snocciolando storie e aneddoti con la sua solita ironia. Una vita a Roma con la maglia giallorossa e sei mesi intensi al Boca prima del suo ritiro dall’attività agonistica. Daniele De Rossi, uno che ha vissuto emozioni sconfinate in piazze dove la passione si respirava nell’aria. Adesso studia per scrivere una nuova pagina della sua vita da signore della panchina. Si era già parlato di lui in orbita Fiorentina, ma non aveva il patentino per potersi accomodare in panca. DDR non si è fermato e sta lavorando da casa, pronto a definire le ultime pratiche burocratiche. “Prosegue il corso di allenatore. Siamo davanti a uno schermo quattro ore al giorno, come se fossimo a scuola. Si è creato un gruppo whatsapp della classe. Un gruppo di scienziati nucleari, vi lascio immaginare”.

 

Non ci sta più nella pelle e spera di poter cominciare il prima possibile, per tornare a mangiare pane e adrenalina ogni domenica. “Io vedo mio padre che lavora con i giovani, ma quando perde è sempre infastidito. Sono elettrizzato dall’idea di iniziare, non vedo l’ora”.

 

Ha parlato con grande ammirazione dei suoi ex allenatori e su chi, in un modo o nell’altro, ha influenzato la sua idea di calcio. Guarda partite di continuo (tre ore al giorno), prende appunti e studia l’evoluzione dell’intero movimento. “Non dobbiamo inventare la bicicletta con gli sportelli. Io guardo i più forti e cerco di prendere spunto. Per me il più forte di tutti è Guardiola. Il problema è che tanti capiscono quello che fa, ma in pochi riescono a replicare quell’idea finendo per scimmiottare una struttura di gioco. Bisogna essere consapevoli delle nostre possibilità”.

 

Con tre allenatori, Daniele ha vissuto un trasporto emotivo diverso. Ha condiviso vittorie, emozioni ma anche momenti intimi, fatti di confidenze e confessioni. Al di là dei problemi nella seconda avventura a Roma, Spalletti è uno degli allenatori più forti che abbia mai avuto. Non è facilissimo, ha un carattere particolare, a volte troppo diretto. Però a livello di campo e di idee è uno molto forte. Ho avuto Capello e Lippi, due che hanno fatto la storia del calcio italiano ed europeo. Però Luciano è quello che mi ha segnato di più nella mia esperienza, forse perché l’ho avuto più tempo”.

 

La stesso feeling è sbocciato con Antonio Conte in occasione di Euro 2016. Ha lavorato gomito a gomito con il tecnico salentino apprezzandone ogni momento di quella splendida avventura, con un piccolo grande rammarico per come è finita. “Conte è un altro allenatore che mi è entrato dentro. Ci siamo ritrovati in una stanza a piangere dopo la sconfitta con la Germania. Non solo i giocatori, c’era gente di 40 anni che piangeva. Merito dell’allenatore che ha trasmesso un’energia diversa e la gente l’ha capito. Riesce a creare una struttura mentale all’interno del calciatore”.

 

 

L’ha apprezzato con tutti i suoi difetti, quello di essere talvolta troppo istintivo con i media e poco incline ai compromessi, ma tremendamente diretto con i suoi giocatori. “E’ un uomo particolare, sbrocca e fa casino, lo vediamo nelle interviste, però ho conosciuto un uomo leale. E’ difficile essere un suo giocatore ma è bellissimo. Ti succhia tutto. Un giorno squilla il telefono e leggo Antonio Conte, pensavo fosse il mio avvocato con il quale ho grande confidenza. ‘Aoh Antò..’, dall’altra parte mi fa: ‘Ciao Daniele, sono Antonio Conte, il Mister.’ Un momento di esitazione: ‘Ah, scusa mister. Pensavo fosse l’avvocato’. Comincia a dirmi una serie di cose: ‘Se continui a giocare così, non ti porto all’Europeo. Ti devi allenare di più, Daniè’. Ho apprezzato tanto la sua onestà, un uomo vero e diretto”.

 

DDR ha parlato anche di Luis Enrique, un tecnico che ha stimato tanto durante la sua permanenza nella capitale e che sperava rimanesse a lungo, nonostante i risultati non fossero dalla sua parte. “Andò via e questa non gliela perdonerò mai. Il primo giorno di allenamento ci ha parlato del suo calcio e delle sue idee. Ha preso un pallone, l’ha tirato in mezzo al campo e ha detto giocate. ‘Devo capire prima come interpretate il calcio voi, poi subentro io’. Abbiamo preso belle batoste quell’anno, è vero, però stava scattando qualcosa, bisognava aspettare e pazientare con lui”Daniele De Rossi dice addio al Boca Juniors e al calcio giocato. La leggenda della Roma, infatti, ha lasciato il ritiro di Ezeiza e in conferenza stampa ha reso ufficiale la notizia. L’ex centrocampista ha spiegato: “È un giorno triste, avrei voluto giocare altri dieci anni, ma la mia è una decisione definitiva. Non è successo nulla di particolare negli ultimi giorni che mi ha fatto cambiare idea e non ho problemi fisici, ma dovevo avvicinarmi a casa, dalla mia famiglia. In particolare da mia figlia Gaia (avuta dal primo matrimonio e che non è mai andata in Argentina in questi mesi, ndr). Tengo a ribadire che non c’è stato nessun problema con il Boca.

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