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L’altro 5 Maggio

Quanto dista il Paradiso dall’Inferno? Dipende dai punti di vista. Se credi in Dio, siamo agli antipodi. Ma se la tua fede è il Piacenza o il Verona e il giorno del giudizio è il 5 maggio 2002, allora tutto si assottiglia a 150km. Che altro non sono che la distanza che occorre per arrivare al Parco della Galleana, partendo dalle vicinanze di Piazza delle Erbe. Quella domenica, la permanenza in Serie A se la giocano faccia a faccia, come fosse un duello all’ultimo sangue. Solo che non è il West, ma la via Emilia, che poi per qualcuno che fa Guccini di cognome e il cantautore di professione sono molto più simili di quanto possano apparire.

Niente radioline come gli altri. Le big si contendono lo Scudetto tra Udine, Roma e Torino, ma qui è diverso. Qui sono una contro l’altra e non c’è appello, non c’è bisogno di attaccare l’orecchio alle cuffie e sperare in qualche miracolo. Siamo solo noi, per citare un altro che da queste parti ha scritto un paio di testi non male, e al diavolo l’odiato (da entrambi) Brescia. Sono già salvi. Giocano in casa, il Bologna ha poche ambizioni e Roby Baggio è tornato ad incantare Mompiano.

Alberto Malesani tutto si sarebbe aspettato, ma mai di dover arrivare a 90 dalla fine con la salvezza appesa a un filo. E dire che alle 22:30 di domenica 18 novembre 2001 quel filo era ben saldo da sembrare quasi una cima da marinai. La tiri fin che vuoi, ma è impossibile che si spezzi. Invece, mentre Alberto si esibiva in un euforico spogliarello sotto la pioggia e le bandiere che raffiguravano il “Mastino”, quella cima iniziava a sfilarsi. L’Hellas aveva appena vinto il primo derby in Serie A. In rimonta, contro la squadra rivelazione del torneo. La lunga vigilia aveva sfiancato quelli del Verona. “Ma come?” si chiedevano “di loro parla il Mondo intero e noi, da salvi in uno spareggio a quarti in campionato in pochi mesi, non scrivono nemmeno una parola?” Loro sono il Chievo di Del Neri e questa supremazia cittadina un po’ li offende e molto li carica. Forse troppo, perchè da lí in poi sarà un’inarrestabile discesa verso gli inferi.

Gli altri, al contrario, sono avvezzi alle montagne russe tra A e B. Andate e ritorni violenti, una ciurma esperta alla cui guida siede un comandante abitutato a navigare acque agitate: Walter Novellino. Per salvare i suoi è disposto a tutto, anche a mandare in soffitta l’autarchia che da sempre regna a Piacenza e ad acquistare i primi stranieri della storia biancorossa. I tifosi, quelli fedeli fino al midollo, da principio storcono il naso poi si abituano. I “Lupi” non sono più italiani al 100%, ma per la permanenza tra le magnifiche diciotto va bene tutto. Fulvio Collovati, eroe mundial e nuovo ds, ne acquista tre, ma sa benissimo che la differenza la farà un’altra faccia nuova. È nato nell’ultimo lembo di terra italica, pochi metri prima che si passi dal parlare la lingua di Umberto Saba a quella di Ivo Andric. Il cognome è tedesco, il soprannome che porta arriva dalla lingua lakota, quella degli indiani del Midwest, ma è italiano che più italiano non si può: Dario Hübner. Arriva da Brescia, si è fatto 90km di A21 in direzione sud e di sicuro non ha perso il vizio del gol. Anzi, si è messo in testa di salvare i suoi diventando capocannoniere, sfidando un franco-argentino che gioca nella Juve e che punta a ben altri traguardi.

Il giorno fatidico è arrivato. A pari punti, con la gara d’andata terminata 1-0 per i ragazzi di Malesani. In 5mila sono partiti dal Veneto, il resto sono bandiere biancorosse, ma il rumore del tifo è a netta prevalenza ospite. Solo quello però, perchè dal fischio d’avvio di Bolognino, dell’Hellas si ricorderanno a malapena le maglie. Metà blu e metà gialle. A Siena le chiamerebbero “da fantino”, e se qualche grafico si voluto ispirare a Piazza del Campo per infondere forza e velocità all’undici in trasferta, allora proprio non ci siamo. Chi indossa quelle casacche corre poco. Più che altro, guarda i piacentini sbranarsi ogni filo d’erba del “Garilli” per restare aggrappati alla A. Volpi pennella l’uno a zero su punizione, poi lascia il palcoscenico a “Tatanka”, che nella ripresa si prende e trasforma il rigore del 2-0 e poco dopo salta Ferron per depositare il 3-0 in porta che significa: salvezza certa e 24esima rete stagionale. Top scorer a pari merito con Trezeguet. Per rivedere i “butei” nel massimo campionato, invece, bisognerà aspettare più di una decade.

Fermo, a qualche metro dalla panchina. Lo sguardo perso, come se mentalmente non fosse lí. Collovati, che in carriera ne ha viste tante, lo rincuora. L’ultima istantanea di Alberto Malesani è questa. Poi, anche per il mister, inizierà un lento declino fatto di esoneri, stagioni da subentrante, polemiche e incompresioni. E dire che nemmeno tre anni prima veniva portato in trionfo, Coppa UEFA in pugno sotto la pioggia del “Luzhniki” di Mosca. Da dipendente della Canon a re di coppe a Parma, poi la caduta. Come Icaro, andato cosí vicino al Sole da sciogliersi le ali. Deve essere stato doppiamente difficile per lui, veronese di San Michele, essere ricordato come “l’artefice” della retrocessione più amara che la storia scaligera rimembri. Quella dell’altro 5 maggio.

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