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Romario:dalle Favelas di Rio de Janeiro all’Europa del calcio

Il Bairro di Jacarezinho

Il Bairro di Jacarezinho è uno dei luoghi più pericolosi del mondo e si trova in una delle più degradate Favelas di Rio de Janeiro. Ed è proprio in questo posto austero che il 29 Gennaio 1966 nasce Romario de Souza Faría, per tutti semplicemente Romario. Tanti lo ricorderanno ai Mondiali americani di USA ‘94, ma la storia dell’attaccante brasiliano inizia proprio tra la terra del Barrio dove il piccolo Romario insegue un pallone e il sogno di diventare un giocatore di calcio, un giorno o l’altro.

Estrelinha di Vila de Penha

La classe c’è, la passione anche e all’età di nove anni il bambino sognatore inizia a giocare nella squadra del quartiere allenata da padre, l’ Estrelinha di Vila de Penha. Romario si guadagna il posto in squadra per la sua bravura e a tredici anni viene notato dagli attenti osservatori dello Juniores dell’Olaria, formazione che nel 1979 giocava ad alti livelli e stazionava nella Serie A del campionato brasiliano.

Romario con la maglia del Valencia – Photo by Pinterest.co.uk

O Baixinho

Romario era un ragazzo gracile, dalla corporatura esile che non spiccava certo per la sua possenza o perché faceva a sportellate in area di rigore. Ecco spiegato il significato del suo soprannome, O Baixinho‘, tradotto letteralmente Il piccoletto.

Vasco Da Gama

Con lo Juniores dell’Olaria il piccoletto mette in mostra grandi qualità che gli valgono l’interessamento del Vasco Da Gama, che rimane stregato dalla tecnica sopraffina di Romario, giocatore formidabile e con un fiuto del gol straordinario.Il piccoletto del Barrio non perde tempo e con il nuovo club si laurea due volte campione aggiudicandosi due campionati brasiliani a suon di gol e numeri di alta scuole.

Croce e delizia

Se in campo Romario è uno spettacolo, fuori dal campo non si può dire che il ragazzo sia un professionista esemplare e il suo carattere non proprio facile rischia più volte di pregiudicare una carriera scintillante. Nonostante la giovane età i rimproveri ai compagni di squadra sono all’ordine del giorno ma questo non gli impedisce di partecipare alle Olimpiadi di Seul 1988.

Romario con la maglia del Barcellona – Photo by fcbarcellona.com

Nazionale

Con la Nazionale Olimpica brasiliana arrivano sette reti e una finale persa contro l’Unione Sovietica, ma l’anno dopo arriva la convocazione nella Nazionale maggiore, quella vera, con cui l’attaccante brasiliano vince la Copa America. Il campionato brasiliano diventa troppo stretto e dall’Europa arriva la chiamata che non ti aspetti dall’Olanda.

Le pretese

Il PSV Eindhovenn lo cerca, lo trova e lo mette sotto contratto ma al momento della firma Romario si mette di traverso iniziando ad avere delle pretese fuori mercato ma a suo modo di vedere lecite. Un milione di dollari alla firma e un milione di stipendio all’anno più case di lusso, auto e anche la bellezza di dieci viaggi pagati, andata e ritorno per il Brasile.

Footvolley sulla spiaggia

Con la casacca del PSV arrivano valanghe di gol e il brasiliano, nonostante il solito carattere fumantino, continua a fare il suo dovere nel rettangolo verde. Nel 1993 però un brutto infortunio alla caviglia pregiudica la permanenza nel club olandese poiché Romario decide di andare a curarsi in Brasile, ma viene avvistato più di una volta sulle incantevoli spiagge di Rio de Janeiro mentre giocava a footvolley.

Barcellona

Il 14 luglio 1993 la logica conseguenza è la cessione e Romario sbarca in Spagna per vestire la gloriosa maglia del Barcellona allenato da Johan Cruijff, che proprio in quegli anni predilige giocatori brevilinei e di alto tasso tecnico. La prima stagione al Barca è un successo a tutto tondo e il piccoletto vince la Primera División e si conferma Pichichi del campionato, mettendo a segno l’incredibile numero di trenta reti in trentatre partite, cinque triplette in stagione e numeri da far girare la testa. Con il club bluagrana arriva anche in finale di Coppa dei Campioni ma gli spagnoli vengono travolti dal Milan nella finale di Atene.

USA ‘94

Ed eccoci al Mondiale di USA ‘94 in cui Romario si conferma capocannoniere del torneo con cinque reti e alza la Coppa del Mondo contro l’Italia sotto il cielo di Pasadina.

Il ritorno in Brasile

La fine del Mondiale statunitense ricatapulta Romario a Barcellona e qui riemergono i vecchi problemi e quel carattere che lo fa rompere anche con la squadra catalana. Il 7 gennaio 1995 l’addio del piccoletto di Rio è già nell’aria e nel classico contro il Real Madrid che si gioca al Santiago Bernabéu, l’attaccante non pare nemmeno titolare e tre giorno dopo si trasferisce al Flamengo. Il ritorno a casa ha il sapore agrodolce di un mezzo fallimento ma Romario non tarda a tornare in Spagna, gusto il tempo di giocare ad alti livelli e di vincere il campionato statale di Rio nel 1996, seguito da un altro titolo di capocannoniere realizzando ventisei reti, una più bella dell’altra.

Valencia e poi torno…

Nello stesso anno solare Romario torna in Spagna e trova posto nel Valencia che per averlo sborsa per 19 miliardi delle vecchi lire lire. Le sei reti in dodici partite non convincono l’allenatore, Claudio Ranieri, che lo mette in discussione in più di un’occasione .Ovviamente l’epilogo è scontato e il calciatore saluta il club spagnolo per tornare al Flamengo, ergo poi ripensarci e riprovare a ritagliarsi ancora un’occasione con il Valencia nel 1997.

Tutte le squadre di Romario

La sua seconda vita spagnola non porta nulla di buon e Romario rientra alla base, in Brasile, per iniziare una seconda parte di carriera in cui cambierà tantissime maglie: Vasco Da Gama, Fluminense, Al-Sadd, Miami, Adelaide United, ancora Vasco da Gama per poi chiudere la carriera nell’Aemerica-RJnel 2009.

Nel bene o nel male basta che se ne parli

Un giocatore eclettica senza ombra di dubbio, un talento cristallino sbocciato molto resto, anzi forse anche troppo in fretta. Il suo carattere lo ha sicuramente penalizzato ma sul campo ha compensato alla grande. Come disse qualcuno: “Nel bene o nel male basta che se ne parli” e Romario ha fatto parlare molto di sé.

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