Nel corso di un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, Borja Valero ha raccontato la sua nuova vita, l’esperienza con la maglia del Lebowski, e il senso di sacrificare qualcosa per coltivare il sogno di fare, un giorno, il calciatore.
L’esordio col Real e il 4-2 alla Juventus
Forse oggi non rifarei il calciatore. Non so se merita. Ho una bella vita, grazie al calcio. Ma forse avrei potuto averla anche senza fare il calciatore. Ho avuto molti momenti che mi sono goduto: l’esordio col Real, quello con la nazionale spagnola, il 4-2 alla Juventus con la Fiorentina. Ricordo i boati dello stadio agli ultimi due gol, sono sempre nella mia mente. Il calcio è molto più grande di quel che si vede in tv .
A dodici anni
Ce l’ho fatta facendo tantissimi sacrifici A dodici anni ti muovi come se fossi un professionista, senza esserlo però. Ho vissuto l’adolescenza e mi è mancato qualche pezzettino di vita: le amicizie, i primi amori.
Il Lebowski
Quando gioco oggi col Lebowski, gli avversari mi chiedono di fare la foto con me, mi ripetono che sono onorati di giocare contro di me, ma sono io che sono onorato di giocare contro di loro. In campo poi arrivano calcioni e le mie caviglie soffrono come se fossi ancora in serie A. In classifica siamo giù col Lebowski e io rimango un competitivo. In fondo però, a me interessa che si parli del progetto di calcio autofinanziato dai tifosi.
La parte peggiore
La parte peggiore del calcio sono alcuni procuratori: quando sei un ragazzino, ti circondano di tante belle parole. Tu sei giovane e ti affidi a loro. Qualcuno lo fa nel modo giusto, ma qualcun altro pensa solo a sé. La parte più bella invece sono i viaggi, le trasferte, le cene coi giocatori più anziani, i loro racconti, le storie e le cazzate. Adesso vivo lo spogliatoio del Lebowski. Ragazzi genuini, zero riflettori della fama. Ma stessa passione. Sto anche studiando a Coverciano, ma per allenare solo i bambini e non nel professionismo.
Borja Valero, un uomo vero.